|
L'itinerario umanistico di
Christian Hess
|
Mario Paolucci
"L'Adige"
Bolzano - 13 maggio 1975
|
Monaco
- la Sicilia: questi punti estremi delle peregrinazioni
di Christian Hess, sono anche i due poli in cui si
focalizzano la sua formazione e la sua produzione
artistica. Da una parte il clima post- impressionista ed
espressionista dominante nella città tedesca in quel
primo dopoguerra così fervido di stimoli e di slanci
appassionati, dall’altra parte una situazione quasi
fuori del tempo, una esperienza di vita da raccontare,
l’esigenza di fare della pittura lo specchio di una
condizione umana, con nel cuore la luce e i colori che
il poeta chiama “le trombe d’oro della solarità”. Ad una
prima lettura l’opera di Hess ci appare ricca di
influssi molteplici, di echi, talvolta ondeggiante da
astrattismo e cubismo ad un naturalismo nutrito di
classica plasticità. Le ascendenze culturali di Hess
sono chiare: la pennellata dell’impressionismo, la
veemenza del segno dell’espressionismo il ripensamento
per un “ritorno all’ordine” del Novecento italiano: ma
tutto questo si fonde e si subordina in un certo senso
all’esperienza viva di una umanità italiana e in
particolare meridionale e siciliana, dove motivi mitici,
classici, architettonici, paesaggistici, antropologici,
coloristici, si nobilitano nel segno di una coscienza
antica e nuova, di una sofferenza virilmente accettata,
di una pazienza come condizione di vita, di un umanesimo
cioè senza retorica e senza trionfalismi, assai lontano
dalle vanaglorie della politica ufficiale dell’epoca; ne
scaturisce energia figurativa, felicità compositiva,
acceso colorismo, gravità di cadenze ritmiche; e mai un
realismo fine a se stesso, ma la presenza di una
coscienza che alimenta dall’interno, come una luce
interiore, la mano dell’artista. Il gusto mitologico e
aristocratico, i richiami archeologici e accademici,
sfuggono al pericolo di ridurre la raffigurazione a
fredda celebrazione della civiltà meridionale, grazie ad
un sentimento che tiene conto del lavoro e della fatica,
in un paesaggio dove anche l’animale o la pianta, come
l’uomo, sono improntati ai medesimi valori di forza e di
dolcezza insieme, quasi fatti della stessa. materia,
scavati e contorti dalla stessa energia. Molti sono in
questa mostra i momenti significativi e i. quadri di
valore assoluto. Conviene soffermarsi su alcuni di essi.
In “Bagnanti sul lago” del 1924 il ritmo serrato e la
veemenza del segno si uniscono all’intensità dei toni
bruni e cupi a creare un’atmosfera romantica di intensa
partecipazione. “Asinello e fichi d’india” del 1925 è
una delle prime e più felici prove del suo primo
contatto con la Sicila: i colori f:orti, disposti a
macchie, le ombre cupe, i rossi squillanti, sono come un
canto a voce spiegata, un lirismo di grande suggestione.
Dello stesso anno la “Donna che riposa” nella solida
chiusa forma e nel tono bruno uniforme della luce
richiama un preciso stato d’animo, l’umanità del sud.
Egualmente nel più tardo “Forte Gonzaga” il paesaggio
silente, le macchie nere delle finestre, il ripetersi
ritmico delle arcate del ponte della ferrovia, le linee
nude e spoglie dei colli, l’albero che da sinistra
protende i rami scheletriti, conferiscono al quadro il
senso di una presenza umana, di una commozione etica.
A1trettanto rarefatta è l’atmosfera di “Balcone in
Sicilia”, nella ricerca di equilibrio tra dato
naturalistico e rielaborazione pittorica che tende a
ridurlo a puro valore formale. Segue un notevole gruppo
di opere del 1928, nelle quali prevalgono la figura
umana e il ritratto: ”Ragazza che dorme» su cuscino
giallo” e “La signora M. N. con i figli”: figure immerse
in un loro pensiero, dallo sguardo che vaga lontano,
dalle pose solenni, ieratiche, donne viste come
sacerdotesse, quadri dove nulla è cronaca e dove le
stesse scarne notazioni ambientali servono a porre la
scena come fuori dal tempo. Avanzando negli anni, la
pittura di Hess accoglie altre suggestioni, si
arricchisce di nuove cadenze, ma senza mai perdere
quella fedeltà a se stesso, quella aderenza concreta
alle cose che lo hanno distinto finora. Vedasi a
questo proposito “Melanzane e peperoni” (1933) o la
“Natura morta con la gazzetta” e infine quel delizioso
“I piccioni”, in cui le linee diagonali e quelle
ortogonali si compongono in un gioco armoniosissimo di
preciso valore poetico. Descrizioni più folcloristiche
della colorata realtà siciliana sono “L’indovino”
(1933), “Autoritratto sulla barca” e “Ladro e
carabiniere”, non tanto descrizioni di ambiente quanto
rappresentazioni di una composta e varia umanità, unita
nel senso del comune destino di colore ma anche aperta a
sensi di più ampia solidarietà. Ne “La prova delle
modelle” (1931) la solennità delle pose, le piatte e
geometriche campiture di colore, il ritmo lento e calmo
dei gesti ci richiamano ad un gusto più vicino al
Novecento, mentre il bellissimo “Riposo dei muratori”
conferisce alle figure una serietà ieratica, che non
disturba la natura morta in primo piano con il cartoccio
dei fichi e la brocca. Il senso coloristico si rivela
forse nella sua più immediata felicità negli acquerelli
che ci sono stati fortunatamente conservati dalla
sorella di Hess; tra i più belli ricordiamo “Il
falciatore di Girgenti”, “Notturno sullo Stretto”,
“Peonie” e “Ragazza tra i papaveri” nei quali il titolo
stesso offre il motivo al prevalere di un colore
fondamentale, il giallo dei campi di grano o il blu
scuro del mare o il rosso squillante dei papaveri.
Altro gruppo di opere che andrebbe
guardato con più attenzione è costituito dai disegni;
sono per lo più impressioni del mondo siciliano, gettate
giù con segno rapido e vivo, a fermare un atteggiamento,
una figura, un ambiente. “Campagna con muli”,
“Scalinata”, “Contadino su asino”, “Vecchio sulla
panca”, sono come dei bozzetti di vita, rappresentati
con. felice immediatezza.
In conclusione la mostra allestita alla Goethe di
Bolzano ci ha fatto riscoprire un artista e anche un
destino e un itinerario umano; costretto a lasciare la
sua patria per la perdita della libertà, Hess ha saputo
trovare nell’umanità siciliana la sostanza vitale di un
atteggiamento spirituale che ha conferito verità e
commozione, fantasia e colore alla sua arte.
Mario Paolucci
Da Monaco a Messina
Christian
Hess nasce a Bolzano il 24 dicembre 1895. La
morte prematura del padre lo costringe ad
interrompere gli studi ginnasiali e ad
iscriversi all’istituto statale d’arte e
contemporaneamente a lavorare per mantenersi.
Inizia così per lui quella lotta contro la
povertà e il bisogno che lo accompagnerà per
tutta la vita nelle sue peregrinazioni. La prima
guerra mondiale lo coglie in questo periodo di
formazione; combatte sul fronte francese a
raccoglie impressioni per il suo futuro. Alla
fine della guerra si trasferisce a Monaco, la
città più viva e ricca del primo dopoguerra in
Germania; partecipa a varie mostre collettive e
apre il suo primo studio nel 1919.
Nel
1925 viene in Italia e raggiunge per la prima
volta la Sicilia dove, a Messina vive la sorella
Emma. Lo colpiscono i colori e il paesaggio
mediterraneo che rimarranno il leit-motiv delle
sue opere future. Iniziano anni dì intenso e
appassionato lavoro, con la partecipazione a
varie mostre collettive in Germania e Svizzera.
Nel 1928 conosce Max Beckmann cui resta legato
da sincera amicizia. Aderisce frattanto al
movimento Juryfreie alle cui mostre partecipano
più tardi Picasso, Klee, Max Ernst, Severini,
Miro e altri. Il 6 giugno 1931 molti suoi quadri
vengono distrutti nell’incendio del Glaspalast
di Monaco. Sembra un segno premonitore. Il clima
germanico diventa sempre più oscuro e Christian
scrive alla sorella “Le previsioni per il futuro
non sono più rosee, né politicamente né
economicamente. Nel 1933, dopo lo scioglimento
della Juryfreie, ritenuta dalla polizia una
unione culturale bolscevica, si trasferisce in
Sicilia. In Germania avrebbe potuto dipingere
solo di nascosto; in Sicilia ritrova la libertà
di espressione e produce una serie di opere
ispirate tutte ai paesaggi e all’umanità
dell’isola.
Nel
frattempo sposa la svizzera Cecile Faesy e si
stabilisce con lei a Messina. Il matrimonio non
è felice, e dopo due anni la donna lo lascia e
ritorna in Svizzera. La negativa esperienza
coniugale, la situazione politica che precipita
verso la guerra, una condizione di esule
amareggiata dalle incomprensioni e dalle
difficoltà economiche, conducono Hess verso una
profonda crisi spirituale e quasi sull’orlo del
suicidio. Da questo momento (1937) l‘artista
cercherà invano di trovare una sistemazione
qualsiasi, un rapporto di lavoro continuo, un
ambiente ospitale. Guardato con sospetto e messo
ai margini torna in Germania, dove però la vita
artistica e culturale è sotto il pieno controllo
del regime.
Lo
scoppio della seconda guerra mondiale accentua
la sua condizione di estraneità, mentre egli
insegue un suo irrealizzabile sogno dl pace, nel
terrore dl un richiamo alle armi. Assegnato al
servizio civile a causa delle sue condizioni di
salute, seguono dal 1939 al 1944 cinque anni di
tribolazioni, la grave malattia ai polmoni, la
miseria, l’angoscia per il futuro. “L’unica
gioia - scrive nell’ultima lettera alla sorella
- è la lettura dei poeti greci e un quarto di
vino rosso”.
Nel
novembre del 1944 la guerra lo raggiunge
nell’ospedale di Schwaz, presso Innsbruck.
Rimasto ferito durante un bombardamento muore il
26 dello stesso mese. |
|
|