Critica

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L’Artista del mese:
Christian Hess

Antonello Palieri

 

ADNKronos - Roma, 2 aprile 1983
 

Christian Hess ucciso 40 anni fa da un bombardamento “mentre inseguiva un’introvabile pace”. Perché artista del mese? Tanto più che potrebbe essere l’artista di un anno o di un’intera generazione sommersa? E’ in questo mese di aprile che la Galleria “Artmessage” (Corso Rinascimento 60) - in collaborazione con il Goethe Institut – lo propone all’attenzione generale. Nato a Bolzano nel 1895, Hess operò tra le due guerre in Germania, Austria, Svizzera e Italia dove soggiornò diversi anni a Firenze e a Roma, ma soprattutto a Messina.

Hitler aveva disciolto il Gruppo d’avanguardia “Juryfreie” (Fuori giuria) cui Hess apparteneva dopo aver consentito (presumibilmente ordinato) l’incendio del Museo di Monaco laddove “Juryfreie” dominava le ultime tendenze. Con le opere del Palazzo di Vetro di Monaco brucia anche la speranza di Hess di cominciare dalla Germania, attraverso il mondo, una nuova avventura delle Arti; le sue opere di quel periodo sono in larga parte irraggiungibili: scomparse o archiviate con famiglie, collezionisti e mercanti d’arte, mentre il nucleo centrale delle opere del suo esilio politico, in Sicilia, è finalmente esposto all’ “Artmessage”. Presentando la monografia di Hess (pubblicata dalla Cassa Centrale di Risparmio per le province siciliane, sotto il patrocinio del Parlamento europeo) Leonardo Sciascia osserva che “la Sicilia restituisce il pittore che l’ha amata e ritratta alla cultura europea cui peculiarmente appartiene”.

A Bolzano, dove Hess nacque, una targa commemora il pittore in via dei Portici 72, ma bisogna attraversare tutta l’Italia, lasciare i bastioni della cultura mittel-europea (talvolta così provinciale) per giungere in quell’emisfero greco, arabo, troiano, iberico e lestrigone – che è la Sicilia – per sapere il resto della storia.

In Sicilia viveva una sorella dell’artista: fuggendo dalla follia nazista hess è spinto verso quel lontano esilio – un “esilio politico volontario ma obbligato” – dal sentimento fraterno. Affetto e necessità. L’amore profondo per la “Trinacria” verrà dopo: lentamente, ma inesorabilmente marcherà il destino di un protagonista di una generazione sommersa. All’inizio è ancora il fascino per la cultura tedesca a trasformarlo in pioniere di nuove “ricongiunzioni del segno, del colore”.

Ma perché Christian Hess, tanto innamorato del sole siciliano – un sole che ha illuminato geni in ogni tempo – in quel tragico 1939 tenta di tornare a vivere in Germania? “I segni che in Germania si preparava qualcosa sono evidenti e i miei amici mi scrivono cose mostruose”, annotava nel 1938: “Voglio andare a trovarli entro l’anno prossimo per convincermi se vi potrà essere libertà per il nostro lavoro o se tutto è ormai perduto. In questo caso sarà indifferente dove mi metteranno in carcere…”

 Nel 1939 è di nuovo a Monaco: molti artisti sono scomparsi, letteralmente. Chissà dove sarà quella modella dell’Accademia, nuda in mezzo alla foto di gruppo degli allievi dell’ultimo anno che copre il corpo con una testa di Venere e mostra orgogliosa un seno scultoreo, purissimo come il volto della nostalgia. Hess a Monaco vive sotto il terrore del richiamo alle armi; comincia a bruciare di nostalgia per la Sicilia e tuttavia non intende abbandonare la sua milizia (d’artista). Trovato dalla polizia – già gravemente malato – è assegnato ad un servizio civile: cominciano 5 anni di tribolazioni, poi il sanatorio e una precaria convalescenza trascorsa disegnando per una fabbrica di tesuti. Infine il culmine della malattia e la miseria.

Il 26 novembre del 1944, liberato dalle maceria di un bombardamento, ad Innsbruck, muore in un ospedale: separato per sempre da quella Monaco ottimista del 1919 (l’anno della foto di gruppo con la modella); separato per sempre dal suo sogno di lavorare tra Roma e Parigi; separato per sempre da quella Sicilia che ora, negli spasimi della morte, occupa lo spazio di un continente epico, dove il sole, come un’antica divinità, non proietta soltanto luci e segna forti ombre, ma infonde, pur fra tante sofferenze, creatività.

In questo mese  i suoi oli, disegni, acquarelli “siciliani” sono esposti a Roma; anche se la luce e gli spazi di una galleria non possono adeguatamente contenerli, la mostra consente di riavviare un profilo critico di Christian Hess – in un momento di rivisitazione, spesso con troppa e ambigua ammirazione, degli Anni Trenta – sulla base di un profilo critico curato da Marcello Venturoli, Hans Eckstein e Nuccio Cinquegrani. Il “limite” di Hess è la ricchezza della vita quotidiana: la sua storia infatti è un interessantissimo romanzo, il soggetto di uno di quei film “diversi” che turbano gli storici degli incasellamenti, dei giudizi irrevocabili, delle delimitazioni per aree storico-geografiche e che al massimo possono concedere qualche spunto alle “aree di gusto”.

Perché è tanto complesso inquadrare Hess? In apparenza assomiglia a Sironi, Campigli, Guttuso (in momenti tanto diversi) tanto da essere facilmente classificabile, ma poi a ben guardare rappresenta un’avanguardia, sia pure all’interno di un ritorno all’ordine novecentista. E’ anche un dissacratore della grande pittura ad olio e della scuola (pur avendo avuto una formazione artistica e professionale d’eccezione); scopre una dimensione “drammatica” dell’acquerello (un genere, da sempre, adatto per “spiriti gentili”, ma non troppo creativi o valido soltanto per abbozzare paesaggi): analizza la teatralità del paesaggio siciliano; scopre quella dimensione – tra nostalgia e angoscia – della pittura metafisica (una “metafisica” senza obelischi, e manichini enigmatici) che fa apparire Piazza Navona (1930) vista da uno scorcio marginale, come un quartiere in fuga di una qualsiasi periferia industriale o che fa navigare per vasti cieli lontani, due umili “Donne di Sicilia” (Messina 1927). Ma soprattutto scopre quella “Coppia in costume da bagno”dove due entità razziali, due mondi antichi – lui arabo (e sicheno) lei normanna – un paesaggio dove l’immota poesia del “Gigante” della “Gigantessa” possono congelare un meriggio tropicale – e sui quali è possibile parlare e pensare per ore:qui una cultura europea come quella vista da Fernand Braudel sparsa (ma non dispersa) per il mondo, compie il suo corso: si sono riappacificate entità etniche e soltanto ora, nel rileggere la storia, sembra superata quell’incolmabile separazione dello spazio fisico e psicologico.

I momenti del viaggio sono complessi: si passa dalla “Baronessa” di Gotemburgo (1922) alla “Ragazza che dorme” e alla “Signora M. N.” del 1928: si passa dall’ironia decadente del giovane intellettuale a traguardi di elevata poesia, sino alla nuova dimensione degli acquerelli di Messina. L’immersione nel Mediterraneo è completa. Dalla Germania della demenza nazista – costruita utilizzando molti degli elementi che l’avevano resa culla di scienze storiche e filosofiche -  all’Europa di un continente sconosciuto, dove – da Platone a Pirandello – troppe sono le cose immaginate, create e dimenticate. Nello sguardo fermo e fatale dei ragazzi siciliani il pennello di Hess può finalmente fermarsi come dopo aver scritto una memorabile pagina di storia.

Antonello Palieri